lunedì 25 febbraio 2013

Stare alla porta del cuore


Mi scuso con quanti hanno commentato i post in questi giorni.
Non a tutti ho risposto.
Ho passato giorni impegnativi, in cui ha fatto da padrone lo sconforto per ciò che era successo.
Ho preferito staccare un attimo, cercando risposte che mai ci saranno.
Questi ultimi due mesi sono stati inaspettatamente luttuosi. Sono stati lutti che non hanno coinvolto direttamente la mia famiglia, ma persone che ad essa erano collegate, affetti che, anche se non famigliari, vengono vissuti e, quando si troncano in maniera irrevocabile, fanno soffrire.
Asciugate le lacrime, occorre dare un senso, se non si riesce a trovare una risposta, al dolore.

Non entrerò troppo nei dettagli, perdonatemi, non riesco a svelare più di ciò che ho già accennato.
Cercherò, però , di dare una lettura propositiva al lutto che ha colpito soprattutto mio figlio più grande.
Ieri, dopo un pomeriggio passato con i suoi compagni scout, a parlare della morte del loro amico, è tornato con questo biglietto (l'immagine su). Glielo ha lasciato il loro ex assistente spirituale (un sacerdote, a cui farei un monumento!). Con i ragazzi ha fatto questa semplice riflessione: non tenetevi tutto dentro, non vivete ciò che vi fa soffrire in solitudine, trovate qualcuno che vi possa ascoltare, è l'unica via per dissolvere il buio che c'è dentro di voi (guardate la vignetta sopra, è molto esemplificativa)
Durante l'adolescenza, i ragazzi spesso tendono a chiudersi, a non condividere con i genitori le loro emozioni, non sempre trovano amici capaci di comprenderli o riferimenti educativi disposti ad ascoltarli. Mai come in questa situazione, mi sono resa conto di quanto sia vero, di quanto la comunicazione sia difficoltosa, da un lato, perchè i ragazzi faticano a riconoscere le loro emozioni e quindi a raccontarsi, dall'altro perchè noi adulti non riusciamo a decodificare le loro difficoltà, a rompere la loro corazza.
Mio figlio è tornato a casa, ieri, sollevato, convinto che qualcuno pronto ad ascoltarlo e con cui confidarsi c'è: i suoi capi scout, il sacerdote in questione.
Credo che il solo fatto di prendere in considerazione l'idea che possa aprirsi, lo renda meno attaccabile dallo sconforto e dalla sofferenza, che magari a noi genitori nasconde. Ne sono sollevata anch'io, non mi importa essere l'esclusiva depositaria dell'intimo di mio figlio. Voglio che lui stia bene.
Questa esperienza mi fa riflettere tanto su come la comunicazione che forse per troppo tempo ho dato per scontato, in realtà non lo sia e più i figli crescono, più cercano uno spazio proprio dentro loro stessi, in cui i genitori non sono ammessi.
Possiamo solo stare alla porta del loro cuore e bussare, sperando che loro aprano.

6 commenti:

  1. Che bel post LaNinin! Com'è vero! Eri abituata a vederli correre da te e raccontarti le lore gioie più grandi e i loro più grandi dispiaceri (che ne so, un taglietto?) Poi ti rendi conto che, gradualmente si allontanano, tanto che all'inizio non te ne rendi conto. Fino alla prima esondazione, quando non riescono più a tenere tutto dentro e ti inondano con il loro dispiacere. E tu ne sei travolta. Salvo poi, il giorno dopo rivederli felici come non fosse successo niente. Figure come il sacerdote che conosce tuo figlio sono molto importanti. Persone così sono la vera Chiesa, almeno nel mio modo di vedere.
    A noi, non resta che "stare alla porta del loro cuore e bussare, sperando che loro aprano"
    Un abbraccio.

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    1. Pensa che la frase, che anche tu hai riportato, è del libro dell'Apocalisse. E' antica, e ovvia forse.
      Certe cose, però, non si capiscono finchè non si vivono, si possono immaginare, ci si può immedesimare, ma la comprensione vera avviene spesso solo attraverso l'esperienza.
      E' dura crescere, faticosissimo, è dura stare alla porta, anche, fare i genitori. Per questo, se si può, è meglio condividere il compito educativo, per farsi aiutare, per compiere meglio il nostro compito, per aiutare meglio i nostri figli. :)

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  2. Un genitore è anche questo, stare accanto ma far posto ad altro se ce n'è bisogno. Fare un passo indietro è molto più difficile che intervenire ma è un gesto d'amore, di cui solo i grandi amori sono capaci...e quelli tra genitori e figli, lo sono. Ti abbraccio.

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    1. E' complicato capire anche quando c'è bisogno, non l'avevo mai colto finora. :(

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  3. Non son genitore, e probabilmente non lo sarò mai. Ma ciò che hai detto credo valga non solo per gli adolescenti, ma per l'essere umano.
    Potersi confrontare è fondamentale. Non c'è come la solitudine e l'incomunicabilità ad amplificare il dolore, il tetro che ci può essere nell'animo.

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    1. Sapere che c'è qualcuno pronto ad ascoltarti è importante per tutti, hai ragione. :)

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