giovedì 12 maggio 2016

Gratitudine - seconda parte


A fine febbraio vi ho intrattenuto con il senso della gratitudine.
Vi ho detto che secondo me è importante far riflettere i nostri figli su quanto sia necessario sentirsi in debito con chi ci fa del bene e di come scontare questo debito: facendo  altro bene.
Ora vorrei condividere con voi un'obiezione che facevo ai miei genitori, in particolare a mia madre, quando mi rinfacciava i miei comportamenti e che, anche se non direttamente, è legata alla gratitudine.
Ma in fin dei conti cosa volete da me? Non ho chiesto io di nascere, voi mi avete messo al mondo.
E adesso ...pagatene le conseguenze.

Non credo di essere la sola ad aver pensato questo, anche il Principe F. ogni tanto azzarda tanto ardore. Devo dire che sono abbastanza d'accordo su questa obiezione della Me-figlia, in fondo che responsabilità hanno i figli della difficoltà di comunicazione con i genitori, degli errori che fanno, delle mancanze di rispetto, del sentimento di autodistruzione che li invade soprattutto durante l'adolescenza?
In qualche modo subiscono una vita che non hanno potuto scegliere, genitori che non hanno potuto rifiutare, se stessi, che spesso non amano.
Ma.... invecchiare aiuta, invecchiare ti mette davanti ad altre esperienze, ad altri Te stessi.
La Me-madre sostiene una cosa molto semplice. Se è vero che la nascita di un figlio parte da un sì, da una accoglienza, da un desiderio, anche egoistico, di una madre, è anche vero che è la Vita a decidere se una nuova persona esisterà. Lo sanno tante madri e padri che anche di fronte ad un desiderio urlato al cielo non riescono a diventare genitori. E' la Vita che decide. E' la Vita che apre i canali, che realizza una nuova esistenza. Nessun uomo o donna ne è padrone.
E arrivo alla contraddizione: di che cosa esattamente devono essere grati i figli, se si trovano in una vita che non hanno scelto e che faticano a comprendere?
Non è una domanda da poco se ci pensate, riguarda il senso dell'esistenza, le nostre relazioni con gli altri, il nostro modo di amare ed essere amati.
Ecco la mia conclusione: i figli non devono essere grati ai genitori della vita che hanno ricevuto, della loro nascita, quella è avvenuta senza meriti, i figli devono essere grati dell'amore che da quel momento in poi ricevono. E aggiungo in maniera del tutto cruda che non tutti i figli devono essere grati ai propri genitori, molti genitori non amano i figli, molti li fanno molto soffrire e non occorre che vi ricordi i tremendi fatti di cronaca, anche di questi giorni, ai danni dei bambini.
Riassumendo posso dire che la gratitudine che lega i figli ai genitori non è e non deve essere scontata, ma il frutto del bene che ricevono. E così i genitori devono essere grati ai figli, perchè solo i figli, in certe fortunate situazioni, permettono a questi di scoprire aspetti profondissimi della loro personalità, della loro anima, della loro esistenza.
Che ne dite voi?

7 commenti:

  1. Sfogati, sfogati! Non c'è niente di meglio che confrontarsi con gli altri, soprattutto quando non si è certi di avere la verità in tasca. Sai quanto mi piacerebbe avere qualcuno che mi dice "fai così, che senz'altro tutto si risolve"?! Invece sono qui, con tutti i dubbi della vita e con la consapevolezza che appena giungo ad una certezza, a breve verrò smentita dalla vita stessa!
    Hai due figli molto lontani d'età e in questo momento storico e sociale le generazioni cambiano ad una velocità stratosferica, anche noi cambiamo, ma più lentamente, un po' strattonati dalla realtà che spesso supera la fantasia. I tuoi due figli è come appartenessero a due generazioni diverse, anche se fratelli, è così, e in più sono diversi tra loro, a parte il sesso, anche nel carattere, come tutti i fratelli.
    Si fa fatica a comprenderli nella loro unicità, ancor più quando non si trovano più i punti di orientamento che una volta ci sembravano scontati. Per noi è difficile, ma anche per loro. A volte quando ripenso a quanto strillo, mi chiedo come facciano a sopportarmi, anche se i miei rimproveri sono giusti. E' che arranco, improvviso, e l'arrendevolezza non fa parte di me. Sbaglio? Spesso. Ma sai cosa ti dico? Quando non ci capisco più niente, sono inerme e confusa di fronte a quello che accade, mi ripeto, ricordando san Paolo, che alla fine rimarrà solo l'amore e con questo riprendo la calma e la lucidità. Un bacio grande.

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  2. concordo in toto.
    E...dovevi essere un bel tipino da ragazzina, eh?? :-)

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    1. Ah-ah! Ti dirò la verità: ho un brutto carattere!
      Non ho fatto dannare i miei, sono sempre stata piuttosto responsabile: mai bevuto troppo, mai fumato niente, mai fatto tardi, mai studiato poco, molto ligia alle regole. E proprio per questo, perchè ero "in regola" strapazzavo, soprattutto mia madre. Non me ne scappava una , non mi sono mai accontentata delle spiegazioni parziali, dei ragionamenti a metà, delle convenzioni sociali, pretendevo le vere ragioni di ogni cosa, a caccia della mia identità, da trovare allontanandomi dai miei genitori, da quelli che consideravo loro errori e mancanze. In fondo, ma questo lo so solo ora, cercavo, provocandoli dialetticamente, la prova che mi volessero bene, anzi no, che mi amassero, voler bene è poco per un figlio. Ho sempre avuto una buona proprietà di linguaggio e mi rendo conto che a volte li annientavo con la mia logica cruda. Ti dirò di più, il che conferma che ho un pessimo carattere, non mi sono mai pentita delle cose dette, sono sempre stata entro i limiti del rispetto e della ricerca della verità e proprio per questo tremendamente irritante! ;D

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    2. ma questo non vuol mica dire avere un brutto carattere!! che dici!! al massimo vuol dire non farsi andare bene la qualunque ma cercare ed esplorare tutto per bene. si vabbè, può essere un po' irritante in effetti...... però vuoi mettere!! :-D

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  3. Ecco Ninin...partendo dalla tua ultima frase....i miei figli mi hanno fatto scoprire la parte peggiore di me!
    Tutte le mie belle teorie sfumano quando al limite della sopportazione mi rendo decisamente antipatica e nell'esatto momento in cui lo dico, mi pento.
    C'è da dire che la gratitudine non è di casa tra queste mura, ed è senz'altro colpa mia. A volte mi rendo conto che il mio correre è dato per scontato e preteso addirittura. Quando me ne rendo conto, urlo, minaccio, per poi tornare inesorabilmente a correre di nuovo. In qualche modo cerco di supplire alla loro mancanza di responsabilità intervenendo io stessa, per rispetto degli altri. Così facendo immagino di averli privati della capacità di farsi le ossa, di maturare, di misurarsi attraverso le proprie risorse. Sto cercando di fare un passo indietro, di lasciarli scontrare con l'effetto delle loro azioni. E' faticoso.
    Mi basterebbe solo vedere un po' di riconoscenza. Arriverà prima o poi?

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    1. Io l'ho fatto sai? Mi sono ritirata per un po', ho smesso il mio dovere casalingo nei loro confronti: lavare, stirare, cucinare, ect. Li ho visti in panne, mangiare scatolette e pasta in bianco, lavare i piatti e pasticciare con il bucato, mentre io preparavo manicaretti e dedicavo del tempo a me e mio marito. Credo abbiano capito: che tutto non è scontato, che se qualcuno si dedica a te almeno gli va riconosciuto.
      Come si fa, senza sentirsi in colpa? Semplice, ti devi convincere, che poi è una cosa vera, che li stai educando, che non serve a te, ma a loro e che una frustrazione lieve , procurata da un genitore, è molto meglio di una grande frustrazione provocata dalla implacabilità della vita. Fai finta di essere un'allenatrice, io ho fatto così.
      Non ti voglio illudere, mantengono un atteggiamento "furbo" e se non costretti non fanno, ma sono più cauti, non si permettono più di essere insensibili, si ricordano della fatica di quei giorni e soprattutto si rendono conto che se le cose filano per il verso giusto è perchè qualcuno si sacrifica, non perchè così è il caso.
      Un bacio

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  4. Dai che in cantina c'è il buon vino!
    In bocca al lupo per gli esami e propoli per la tua gola! ;)

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